Sarà un lungo post… preparatevi…
Dicevamo che, oltre a sapere che tipo di linfoma abbiamo, per i medici che ci curano è importante sapere anche quanto il linfoma si è esteso. Gli esami fondamentali per saperlo sono tre: la TAC, la PET e la biopsia ossea.
La TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) è il principale esame per vedere come è fatto il linfoma: dov’è, quanto è grosso. Sarà l’esame che farete più spesso, durante e dopo la terapia, per essere sicuri che il linfoma stia rimpicciolendo e, dopo la guarigione, per verificare che non gli venga in mente di rispuntare di nuovo. Per vedere bene i linfomi la TAC va fatta col mezzo di contrasto: vi metteranno una cannulina in una vena e vi inietteranno il contrasto subito prima di iniziare a “scattare le foto”. Se il contrasto viene iniettato in una vena piccola (e dopo un po’ non avrete più molte vene cicciose…) può bruciare un pochino: avvisate (basta parlare, il personale vi sente dagli altoparlanti), ma non muovetevi mentre la TAC è in funzione, altrimenti l’esame è da rifare! Comunque in genere alla prima TAC questo non succede perché le vene sono ancora belle e piene; e spesso durante la terapia si hanno degli accessi venosi permanenti (che racconterò più avanti) e quindi il contrasto non è un problema.
(Nella foto: TAC fatta a... una mummia! Dal sito www.aton-ra.com)
La PET (Positronic Emission Tomografy – Tomografia a emissione di Positroni), anche se a farla è molto simile alla TAC, solo più lunga, in realtà è un esame diverso. Funziona così (mi scusino eventuali radiologi e specialisti per le imprecisioni…): prendono del glucosio e lo “marcano” in maniera che rilasci positroni, che sono delle particelle che i nostri atomi normalmente non rilasciano. Questa “marcatura” è una cosa complessa, richiede un acceleratore di particelle, roba che riguarda la fisica nucleare per intenderci… Questo glucosio “marcato” è il mezzo di contrasto. Viene iniettato e, mescolandosi con tutto il glucosio che abbiamo nell’organismo, va a fare il suo lavoro: cioè va alle cellule, che non si accorgono di certo che è marcato e lo usano come qualsiasi altra molecola di glucosio.
Ma le cellule tumorali sono particolarmente ingorde. Vogliono crescere, crescere, crescere… Risultato: “captano”, cioè si mangiano, più glucosio delle altre.
La PET va a vedere proprio questo: dove va a finire il glucosio che ci hanno iniettato. A livello del linfoma ci sarà un accumulo anormale. È un esame molto sensibile, riesce a vedere anche nodini piccoli che magari alla TAC sfuggono o non si vedono. Non è un esame che si fa spessissimo, primo perché è molto costoso e quindi è meglio non farlo se non è necessario; secondo perché in alcuni periodi (per es. dopo alcune terapie) può dare dei risultati poco specifici ed essere meno preciso. Va fatta al momento giusto.
Nella pratica: quando andrete a fare la PET mettetevi comodi e portatevi da leggere, lettore MP3, lavori all’uncinetto o a maglia… perché è un esame LUNGO!!!
Innanzitutto dovete essere a digiuno. Digiuno vero, non “ho preso solo il caffè”: non dovete ingurgitare altro glucosio in nessun modo! Non valgono nemmeno le caramelle e i chewingum senza zucchero! Niente di niente! Mettetevi l’anima in pace e pensate alla carbonara con cui vi ricompenserete tornando a casa.
Quando vi chiamano per l’esame, per prima cosa avrete un colloquio con un medico, che vi chiederà la documentazione sulla malattia (portate tutto, soprattutto la TAC) e informazioni che gli servono per l’esame, e vi farà firmare i vari consensi.
Dopodiché vi misureranno la glicemia (facendo un buchetto sul dito e prendendo una goccia di sangue), perché se avete il glucosio nel sangue troppo alto l’esame non riuscirà: bisogna essere sicuri che il glucosio sia basso.
Poi vi inietteranno in una vena del braccio il glucosio marcato. Dopo l’iniezione bisogna aspettare UN’ORA prima di fare l’esame. Per questo vi ho detto di prendervela con calma… E in quest’ora bisogna cercare di stare tranquilli il più possibile, bere mezzo litro d’acqua che vi daranno… e fare più pipì possibile nel bagno predisposto, che è particolarmente simpatico perché è di metallo, con lo scarico schermato, visto che ci finisce pipì con glucosio che emette positroni! ^___^
Dopo avervi detto di fare un’ultima volta la pipì, vi faranno finalmente fare l’esame! Vedrete che è proprio come fare una TAC, però dura anche più di venti minuti! Consiglio un pisolino… se riuscite col freddo e col rumore dei condizionatori. A proposito di freddo, per fare la PET (e la TAC, e se è per questo qualsiasi radiografia) non è necessario spogliarsi del tutto, basta non avere oggetti metallici. Dovete togliere il reggiseno, ma potete sempre tenere una canottiera o una maglietta. Dove ho fatto io la PET, poi, offrivano degli elegantissimi camicini blu usa-e-getta, e ti coprivano le gambe con una copertina.
E veniamo alla biopsia ossea. “Biopsia” vuol dire andare a prendere un pezzettino di qualcosa, in questo caso di osso. Perché? Perché dentro le ossa c’è il midollo osseo, che è la “fabbrica” delle cellule del sangue. Nelle fasi avanzate il linfoma può invadere il midollo osseo, e bisogna essere sicuri che questo non sia accaduto.
Normalmente il campione si preleva dalla cresta iliaca. In pratica, vi fanno in buco nella parte più alta del sedere, al confine con la schiena, ad altezza lombare. Sdraiati su un fianco, viene prima fatta l’anestesia locale e a volte qualche farmaco endovena per aiutare a tranquillizzarsi e magari “pisolare” un po’; poi si inserisce (voi non vedrete niente, è tutto alle vostre spalle) una specie di grosso ago e si inserisce la punta nell’osso, prendendone una “carota” molto piccola ma sufficiente per l’esame istologico. Se dopo l’esame vi ritrovate un bell’ematoma è normale.
Dicono che la biopsia ossea a volte faccia un po’ male. Io non so dirvelo: dovendo fare la biopsia del linfonodo in anestesia generale, abbiamo organizzato perché facessero nella stessa sede anche la biopsia ossea. Quindi dormivo…
Oltre a questi, può essere che i medici vi facciano fare anche altri esami, magari per indagare altri problemi di salute oltre al linfoma di cui tenere conto.
Bene. Una volta fatti tutti questi esami i medici possono stadiare il vostro linfoma, cioè sapere a che punto è arrivato. Ci sono 4 stadi (I, II, III, IV), a cui si aggiunge una lettera (A o B) a seconda che ci siano o meno dei sintomi caratteristici, come la sudorazione notturna o il calo di peso, che si è visto essere correlati a una prognosi lievemente meno bella (vuol dire che vanno un pelino meno bene… ma proprio un pelino! Ricordatevi che anche gli Hodgkin in stadio IV hanno probabilità di guarigione completa dell’80%!).
Per esempio, il mio linfoma era IIB bulky:
stadio II: perché comprendeva più di un linfonodo (stadio I), ma era diffuso solo da un lato del diaframma e non da tutti e due (stadio III) e la biopsia ossea era negativa, quindi non aveva invaso il midollo osseo (stadio IV).
B: perché avevo sudorazione notturna (il prurito una volta era considerato un “sintomo B”, poi l’hanno tolto perché il prurito da solo non cambia la prognosi)
Bulky: perché era particolarmente “ciccioso” (bulky in inglese vuol dire "voluminoso, massiccio, ingombrante")
Queste sigle e numeri per un paziente possono non voler dire niente, ma come dicevo per l’ematologo cambia il tipo di terapia da fare, quindi sono importanti.
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