sabato 12 marzo 2011

Motivazioni (dedicato a Giuliana e non solo)

E' un capitolo che non avevo mai pensato di mettere nel blog, non qui perlomeno. Però mi rendo conto che è importante parlarne.
Quando ti ammali di tumore il coro è unanime: “Devi farti forza, devi combattere!”. Ti raccontano di amici cugini e conoscenti che avevano guarda caso proprio lo stesso problema e sono guariti e tornati come prima. Ti dicono che ti sono vicini e sono disponibili ad aiutarti: questo non lo dimenticare perché verrà il momento in cui davvero avrai bisogno di aiuto, e molte di queste persone sono sincere nel volertelo dare.
E tu, che ti sei ammalato, come ti senti?
Giuliana dice che è disperata. Per me il percorso è stato diverso, così come la storia delle nostre malattie: la sua da subito aggressiva, la mia sembrava un “normale” Hodgkin. Per cui io, sapendo anche qualcosina dai miei studi, non ero tanto preoccupata. Sapevo che mi aspettava la chemioterapia, ma sapevo anche che le probabilità di guarigione erano ottime, avevo anche un amico che aveva avuto l'Hodgkin due anni prima e ora era guarito e aveva pure avuto una bella bimba. Il verbo “lottare” non mi apparteneva: si trattava di aspettare che le cure facessero il loro corso e poi sarei tornata alla mia vita. E così più o meno è stato: con le fatiche di chemio e radio, certo, ma con la certezza granitica che stavo affrontando tutto quello per un periodo limitato, per imparare qualcosa, per poi tornare alla mia vita.

Con la recidiva è stato diverso. Difficile accettare un nuovo sconvolgimento di piani. E poi stavolta la guarigione non è così scontata. Anche a me hanno detto che prima bisognava fare chemio e autotrapianto; se non fosse funzionato, si sarebbe andati al trapianto. È Il normale procedere per gradi in medicina, ed è anche utile: sposta molto in là il momento in cui non hai proprio più niente da provare (battuta un po' cinica, ma a volte è così).

Ho fatto una nuova chemioterapia (alte dosi), ho fatto l'autotrapianto, non ha funzionato, eccomi al trapianto. E quest'anno è stato molto molto diverso dalla prima volta in cui mi sono ammalata. Quando le cose si fanno davvero serie, quando la paura si fa sentire, le motivazioni diventano importanti.
Qui si tratta davvero di “lottare”. Lottare per tirare fuori un sorriso un giorno in cui non ti sembra ci sia proprio niente da ridere. Lottare per aver voglia di continuare le cure anche quando non ne puoi più, perché sai che servono. Lottare, soprattutto, per non chiuderti in te stesso ma condividere quello che provi con chi ti sta più vicino e ti aiuta. E non è per niente facile.
Anche perché il “lottare” richiede una motivazione, una meta, un obiettivo, che non sia la semplice guarigione. Per una madre o un padre possono essere i figli: devo guarire per vederli crescere. Per una persona giovane qualche progetto di vita: voglio sposare quella persona, voglio fare quel lavoro. Ma tutte si riassumono nella motivazione prima: VOGLIO VIVERE. Quella che resiste anche se ti capita di stare così male da dimenticare tutto il resto.

Se una persona con tumore è motivata, va avanti. Non sappiamo se ce la faremo, ma ci proviamo con tutte le nostre forze, o quasi. Quindi, visto che il tempo per pensarci di solito ce l'avete, provate a domandarvi: ma io voglio vivere perché? Se potete, scrivetelo, e tornate a rileggervelo: a volte col tempo le motivazioni cambiano, ma l'importante è che ci siano. Vi può aiutare, nei momenti difficili.

Ogni tanto ci sono i momenti di sconforto. Mi da molto fastidio quando qualcuno mi vede di cattivo umore o un po' abbattuta e mi dice “Dai, tirati su, devi farti forza”. Primo: ho tutti i motivi per essere depresso o abbattuto. Secondo: vorrei vedere te al mio posto. Terzo: Il più delle volte insieme alla giusta compassione (com-passione: patire con, qualcuno condivide con te la sofferenza, e questo è bello) c'è anche il “fastidio” nel vedere persone depresse per la loro malattia. Mi ha molto colpito una riflessione che ho sentito una volta: persino Gesù sulla croce ha gridato per il dolore e l'abbandono. Perché vogliamo negare a chi soffre, a chi si sente sprofondare, il diritto del pianto, del grido? Certo è importante alleviare tutto quello che possiamo, ma faccio un appello a qualche non malato (parente ecc) che leggesse questo blog: non pretendete che i vostri parenti malati siano sempre combattivi, sereni, coraggiosi... persino le persone sane hanno i loro giorni “no”. Accettatele così come sono, anche se non è facile.

Ultimo appunto: credo che quasi tutti i centri oncologici offrano anche un supporto psicologico. Se c'è, usatelo. Anche se siete tra quelli, come me, che della psicologia si sono sempre fidati poco. Serve. A me è servito.

3 commenti:

  1. Ciao Claudia, stiamo vivendo da lontano e con discontinuità le tue vicissitudini, ma ci ha colpito quello che hai scritto: pensieri profondi che testimoniano la presenza della tua forte fede. Siamo certi che supererai queste prove difficili della tua vita.
    L'amore di chi ti è vicino e l'aiuto di Dio saranno lo strumento per tornare a vivere la vita "frenetica" di prima.
    Un abbraccio, Susy & Nicola (amici di mamma e papà)

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  2. alla fine è il malato che deve dire quello di cui ha bisogno a chi gli stà vicino,anche il fatto che sentirsi dire sempre le stesse cose dà fastidio,e dall'altra parte essere intelligenti nel capire la situazione
    m77

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  3. cara Claudia, mi sono imbattuta per caso nel tuo blog, stavo cercando informazioni su questa malattia che ha colpito mia mamma (siamo in attesa dell'esito dell'esame istologico).L'angoscia di dover affrontare assieme a lei questo difficile percorso è moltissima, ma soprattutto mi attanaglia la paura di non saperle essere di conforto. Le tue parole mi hanno fatto molto riflettere: cosa si aspetta un ammalato di cancro in fondo? Come dicevi tu compassione, nel senso etimologico del termine, e comprensione, anche quando, giustamente, si ha paura di non farcela. Un ammalato di cancro si aspetta di non essere liquidato con frasi vuote di circostanza che fanno star bene solo chi le dice e, al contrario, fanno sentire sempre più incompresa la persona a cui sono rivolte. Grazie cara Claudia, ti abbraccio fortissimo!!!!!!
    P.s Complimenti scrivi molto bene!!!! Anna

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